Il mio pensiero, la mia opera.

L’intervento dell’artista Franco SUMMA alla PechaKucha Night Pescara vol|02 dal titolo “IL mio pensiero, la mia opera.” Di seguito il testo integrale del suo intervento.

Il mio pensiero, la mia opera.
Guardandomi intorno, data l’età potrei essere passato, uno che è passato; non un trapassato; lì ci arriverò, ci arriveremo tutti per la verità. Ora sono qui a utilizzare sei minuti della mia vita, sei  minuti virgola 666666666… un numero che non finisce mai come la corsa di Achille con la tartaruga. È un sofisma per dire che la vita è eterna e noi non lo sappiamo? Può darsi, ma realisticamente dobbiamo fare i conti con il tempo reale.
Cosa si può fare con sei minuti virgola? Tante cose, anche un tributo all’eros, un atto sessuale completo, ma ci sarebbe il problema dei numeri dopo la virgola. A pensarci bene, però, quei numeri potrebbero indicare l’attutirsi della risonanza del congiungimento. Ma non è questo il caso né il momento. Quando ti invitano ad affrontare un argomento in sei minuti pensi di farcela a dire qualcosa che vorresti far sapere con le venti diapositive a disposizione. Vorresti illustrare il senso del tuo fare arte ambientale urbana. Allora ci provi; scegli con cura le immagini, ripassi mentalmente il commento per ciascuna immagine. Ti pare di poter essere soddisfatto. Allora per sicurezza fai una verifica: provi a cronometrare il tempo di durata del commento con il tempo della diapositiva. Ohibò sei fuori completamente. Non so se vi è mai capitato di dover rimettere un orologio digitale di auto o elettrodomestico sul minuto giusto: ne anticipi uno da sincronizzare con precisione quando scatta sull’orologio di riferimento (ormai il telefonino). Il minuto non passa mai, sembra eterno. Ed è così: il tempo è come lo vivi e non sempre è come te l’aspetti: i giorni passano in fretta i minuti non passano mai. Cioè gli attimi di attesa che qualcosa che desideri avvenga hanno una durata esasperante. I giorni della vita se ne vanno senza che te ne accorga e te li ritrovi dietro alle spalle. Ma finché li ricordi e puoi ricordarli sei ancora presente. Un amico mi ha detto di venire qui portando solo una serie di immagini di miei ultimi lavori. “Non puoi presentarti con opere di cinquanta anni fa”. Già: mezzo secolo; è da mezzo secolo che faccio arte. Un’arte che sta tra pittura scultura architettura urbanistica, ma anche tra poesia e filosofia. Un’arte che deriva dalla scelta di pormi fuori dal circuiti delle gallerie, dal sistema dell’arte, dove percepivo un allontanarsi dalla possibilità di dialogo e comprensione. Caduti i grandi valori, l’arte cercava di liberarsi da ogni vincolo. Voleva essere libera, non asservita in alcun modo a ideologie o religioni. All’inizio del secolo scorso appariva essere e poteva essere una scelta appropriata. Ma sono passati cento anni da quando Marcel Duchamp ha messo in mostra, come opera d’arte, un orinatoio. Cento anni: un secolo; e tuttavia ci capita di vedere giovani epigoni, forse anche inconsapevoli, che cercano di creare scandalo con delle ideuzze da niente. Dissacrare è la parola d’ordine. C’è anche chi ha immerso un crocefisso in un recipiente di vetro pieno di urina ottenendone un importante riconoscimento nel mondo dell’arte. Maometto non hanno il coraggio di mettercelo. Siamo assai lontani dalla valenza provocatoria, ma anche dallo scatto di intelligenza di Duchamp che, con il suo gesto, ha posto il problema della assunzione dei diversi significati di uno stesso oggetto inserito in contesti diversi. Oggi l’arte è tentativo di ripetere quel gesto, ma ormai privo della originaria carica eversiva. L’arte d’avanguardia è accademia dell’avanguardia, stanca ripetizione per lo più edulcorata e senza la consapevolezza delle reali valenze significative. La realtà in cui viviamo è assolutamente diversa anche solo da quella di una decina di anni fa. E coinvolge tutti con computer, internet, telefonini. A livello sociale: la grande rivoluzione delle donne con la loro rivendicazione, di libertà, indipendenza economica, sessuale, e anche una loro maggiore intraprendenza e coraggio. I donnicidi continuamente sulla cronaca sono una forma aberrante, estrema di resistenza a questo inarrestabile cambiamento socio-culturale. Per indicare la dimensione della intraprendenza femminile, mi limito a citare la performance, al Musée D’Orsay, di una giovane artista che, con un abito dorato, come la cornice barocca del dipinto, si è, seduta sotto “L’origine del mondo” di Coubet e ha mostrato il suo sesso allargandone, con le dita, le labbra per mostrare il mistero di quel passaggio da cui tutti siamo “originati”, quel passaggio che nel dipinto non si vede. “L’origine del mondo” un’opera pudicamente celata dietro una tenda ancora qualche anno fa. Nulla fa più scandalo. Non si tratta più di sconsacrare bensì contribuire alle nuove dimensioni dell’essere.

Franco Summa per PechaKucha 20×20  Pescara 23 Febbraio 2016